Le Cappuccine

La Chiesa di Santa Maria delle Grazie di Burano, vulgo ‘Le Cappuccine’ è il terzo edificio storico, di carattere sacro, che rimane oggi nell'isola di Burano, dopo il duomo di San Martino e l'oratorio di Santa Barbara, adiacente alla chiesa matrice.
Completamente distrutti, invece, dopo le soppressioni napoleoniche, i due monasteri benedettini femminili di San Mauro - nel settore occidentale dell'isola - e di San Vito.
L'attuale chiesa di Santa Maria delle Grazie fu costruita nella contrada detta ‘Giudecca’: una delle cinque isole maggiori, fra loro collegate da piccoli ponti, che costituiscono l'isola di Burano nel suo complesso. L'edificio sacro fu edificato una seconda volta nella prima metà del XVII secolo, al posto di una preesistente chiesetta, con annesso convento, fatta erigere nel 1533 da Vincenzo Grimani, figlio del doge Antonio (1434-1523).

È tradizione, infatti, che nel 1548 tre religiose, di nobili origini, avessero fondato qui un monastero che ebbe vita sino al 1618. Confermano questa testimonianza il riuso, nell'attuale edificio, di alcuni stemmi nobiliari, di foggia cinquecentesca, che si trovano immutati sulle pareti interne del primo piano e a lato dell'altare destro. Vi si leggono distintamente le armi delle famiglie Grimani e Dolfin, mentre un'iscrizione ricorda Camilla Soranzo che per voto testamentario aveva fatto dono dell'altare destro (rifatto nel corso della ricostruzione dell'intero edificio).

La chiesa seicentesca attuale, con la facciata a capanna rivolta al canale, è a pianta ottagonale con presbiterio profondo e rialzato. L'aula, di notevole ampiezza e luminosità, è preceduta da un atrio trasversale che fungeva da raccordo con gli ambienti del convento, in passato più ampi rispetto a quanto è rimasto. Tre armoniosi e solenni altari barocchi, ancora conservati, sottolineano il carattere votivo del tempio che è dedicato alla Vergine Deipara. La circostanza cadeva all'indomani della cessata pestilenza del 1630, come ricorda la lapide di consacrazione - sulla controfacciata - avvenuta ad opera del vescovo torcellano Marco Zen, essendo badessa del convento Maria Benedetta De Rubeis, al tempo di papa Urbano VIII e del doge veneziano Francesco Erizzo. Vi si legge la data dell'8 maggio 1639: termine cronologico che abbiamo motivo di credere indichi l’avvenuto completamento dei tre altari.
Si può quindi concludere che, mentre la Serenissima erigeva con grande dispendio economico la fastosa Chiesa votiva di Santa Maria della Salute - a Dorsoduro, presso la Dogana da Mar - incaricando del progetto il proto Baldassarre Longhena, altri edifici religiosi di analogo significato votivo fossero eretti ad opera dello stesso architetto nelle popolose isole di Mazzorbo e Burano (1).
Della omonima chiesa votiva di Mazzorbo, dopo le soppressioni napoleoniche, sopravvive solo il ricordo, mentre quella di Burano, come abbiamo sottolineato, conserva ancora le sue linee architettoniche barocche impreziosite dalla presenza dei tre grandi altari longheniani privi delle rispettive pale (2).
Il fondo archivistico Demanio presso l'Archivio di Stato di Venezia contiene gli elenchi sommari, genere per genere, di tutti gli oggetti veneziani d'uso liturgico che nel 1808 furono incamerati dal governo napoleonico. La chiesa delle Cappuccine di Burano, che figura negli elenchi assieme agli altri edifici religiosi già territorialmente soggetti al Vescovato di Torcello, aveva conservato sino a quel tempo i paramenti sacri in stoffa e tutti gli altri arredi in metallo e legno di carattere liturgico.

Ettore Merkel


  1. Marco Molin, La chiesa di Santa Caterina di Mazzorbo, in 'Quaderni torcellani' 3, 2010, pp. 22
  2. L'edificio, di proprietà demaniale, è stato restaurato a spese dello Stato e costantemente mantenuto in buone condizioni grazie al una serie di interventi di carattere edile eseguiti dal 1964 al 2006 e particolarmente nel 1989 con i fondi della Legge Speciale per Venezia. Nel 1969 sono state impiegate, per completare una parte del pavimento, delle vecchie mattonelle in cotto provenienti dalla sede dell’Accademia di Belle Arti, allora alla Carità.
    Sui dipinti e le pale d'altare che si trovavano un tempo nella Chiesa delle Cappuccine di Burano le fonti e le guide di Venezia tacciono facendoci supporre che derivassero dalla superiore decorazione della Chiesa votiva veneziana di Santa Maria della Salute.